Energia Marco Granato 18/04/2016 |
Nord Stream 2 (NS2) è un gasdotto, attualmente in progetto, che collegherà Russia e Germania. Seguirà lo stesso percorso di Nord Stream, perciò può essere considerato un suo potenziamento.
Nord Stream è composto da due linee, ciascuna con una capacità di trasporto di 27,5 miliardi di metri cubi l’anno; NS2 dovrebbe avere la stessa capacità, per un totale complessivo di 110 miliardi di metri cubi annui previsti per il 2019, quando i contratti tra Gazprom e Ucraina si estingueranno.
Il 50% delle azioni di NS2 sarà di Gazprom, mentre i gruppi Basf, E.ON (tedeschi), Shell (anglo-olandese), OMV (austriaco) ed Engie (francese) ne possiederanno il 10% ciascuno.
La Russia punta a potenziare Nord Stream per aggirare l’Ucraina, che, nonostante il conflitto in corso, rimane il principale snodo dei traffici di gas tra Russia ed Europa.
Inoltre, il recente andamento del prezzo del petrolio spinge la Russia a esportare più gas naturale; le forniture di Gazprom verso l’Europa sono andate infatti crescendo negli ultimi anni nonostante lo stallo nei consumi europei e, secondo le aspettative della compagnia, dovrebbero toccare i 160 miliardi di metri cubi nel 2016.
Tra le possibili cause, anche la decisione del Consiglio di Stato olandese, che ha posto un limite massimo di 27 miliardi di metri cubi di gas alla produzione del giacimento di Groningen, contro i 33 estratti nel 2015, a causa di eventi sismici collegati alle attività di estrazione. Di conseguenza, i maggiori importatori di gas olandese (Germania, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito e Francia) dovranno rivolgersi ad altri fornitori.
Germania in prima linea, a est il fronte del no
A trarre il massimo vantaggio da NS2 sarà indubbiamente la Germania, che diventerà il principale punto di arrivo del gas russo in Europa, assicurandosi un vantaggio competitivo sul prezzo e aumentando la propria importanza strategica nella partita energetica.
D’altra parte, tale progetto ha messo l’esecutivo guidato da Angela Merkel in cattiva luce dinanzi a vari governi europei. Infatti, benché la cancelliera abbia sottolineato che il progetto è portato avanti da imprese private, l’odierna posizione della Germania stride con le pressioni che questa fece sui partner europei affinché tenessero una linea dura verso Mosca, a costo di sacrificare i loro interessi economici in favore di quelli comunitari: gli stessi che, ora, il progetto NS2 sembra calpestare.
Queste tensioni si aggiungono a precedenti divergenze tra la “linea tedesca” e quella di altri paesi dell’Ue, in particolare sull’austerity e la gestione dei flussi di migranti.
Tra i paesi più determinati a contrastare NS2 si annoverano Slovacchia, Polonia ed i paesi Baltici. La Slovacchia, attualmente snodo importante nel flusso di gas verso l’Europa occidentale, vedrebbe diminuire la sua valenza strategica, mentre i Baltici e la Polonia, antirussi, diffidano di un avvicinamento di Russia e Germania.
A loro vantaggio vi sono delle controversie circa il rispetto dei regolamenti Ue sull’energia. In particolare, l’articolo 9 della terza direttiva sul gas, relativo all’unbundling, stabilisce che il gestore del gasdotto non sia autorizzato a esercitare, direttamente o indirettamente, un controllo su un’impresa che svolge l’attività di fornitura del gas trasportato. In altre parole, Gazprom non potrebbe essere sia il proprietario del gasdotto che fornitore di gas, dovendo inoltre garantire a terzi l’acceso al gasdotto stesso.
Opportunità per l’Italia
Il progetto NS2 potrebbe rappresentare una buona opportunità per l’Italia, nello specifico per l’italiana Saipem, partecipata da Eni e dal Fondo strategico italiano. Impegnata nella progettazione e nella realizzazione di Nord Stream e di altri gasdotti quali Blue Stream e Greenstream, Saipem avrebbe dovuto partecipare alla costruzione di South Stream, l’altra condotta proposta da Gazprom per aggirare l’Ucraina passando attraverso il Mar Nero.
Nonostante questo possibile coinvolgimento nella realizzazione di NS2, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato che il Cane a sei zampe non acquisterà azioni di NS2, escludendo anche che la russa Rosneft possa rilevare quote importanti di Saipem, contrariamente a quanto suggerito da alcune voci.
La possibilità che l’Italia possa divenire uno snodo meridionale dei rifornimenti di gas all’Europa, apparentemente accantonata con la sospensione del progetto South Stream, potrebbe tuttavia ripresentarsi.
Recenti dichiarazioni da parte di Gazprom mostrano infatti che potrebbe essere costruito un gasdotto per collegare Russia ed Italia. Per realizzare il progetto, Gazprom è pronta a cooperare con la greca Depa, visto che il gasdotto passerebbe attraverso il territorio greco, e con l’italiana Edison, con le quali nelle scorse settimane Mosca ha siglato un Memorandum of Understanding.
Gazprom ha identificato il potenziale di questi due partner, già coinvolti nel progetto europeo Itgi, attualmente completato solo nel suo segmento turco-greco, ma che potrebbe essere esteso sino all’Italia grazie alla condotta IGI Poseidon.
Washington sta a guardare
Anche gli Stati Uniti hanno un approccio tiepido nei confronti di NS2. Al di là delle questioni prettamente energetiche, l’intensificarsi di legami tra Russia ed Europa è qualcosa che la politica estera statunitense ha sempre cercato di evitare negli ultimi decenni.
Tuttavia, gli attriti che il progetto NS2 sta causando tra i paesi europei potrebbero essere sfruttati dagli Stati Uniti per avere una maggiore influenza sugli stati dell’Europa orientale, i più ostili a NS2 e, contemporaneamente, i più preoccupati dalla militarizzazione della Russia, dunque favorevoli ad una maggiore presenza della Nato nell’area.
Nel caso in cui gli Stati Uniti non entrassero direttamente nella questione NS2, sarebbe più facile per Russia e Germania completare il progetto; d’altra parte l’Italia - al pari di altri paesi impegnati in progetti con Mosca - potrebbe essere avvantaggiata dalla temporanea assenza dell’azione antirussa di Washington nel settore energetico europeo.
Marco Granato, Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Trieste, studia Relazioni Internazionali presso l’Università di Perugia. Si interessa di sicurezza energetica in ambito internazionale.
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Il 50% delle azioni di NS2 sarà di Gazprom, mentre i gruppi Basf, E.ON (tedeschi), Shell (anglo-olandese), OMV (austriaco) ed Engie (francese) ne possiederanno il 10% ciascuno.
La Russia punta a potenziare Nord Stream per aggirare l’Ucraina, che, nonostante il conflitto in corso, rimane il principale snodo dei traffici di gas tra Russia ed Europa.
Inoltre, il recente andamento del prezzo del petrolio spinge la Russia a esportare più gas naturale; le forniture di Gazprom verso l’Europa sono andate infatti crescendo negli ultimi anni nonostante lo stallo nei consumi europei e, secondo le aspettative della compagnia, dovrebbero toccare i 160 miliardi di metri cubi nel 2016.
Tra le possibili cause, anche la decisione del Consiglio di Stato olandese, che ha posto un limite massimo di 27 miliardi di metri cubi di gas alla produzione del giacimento di Groningen, contro i 33 estratti nel 2015, a causa di eventi sismici collegati alle attività di estrazione. Di conseguenza, i maggiori importatori di gas olandese (Germania, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito e Francia) dovranno rivolgersi ad altri fornitori.
Germania in prima linea, a est il fronte del no
A trarre il massimo vantaggio da NS2 sarà indubbiamente la Germania, che diventerà il principale punto di arrivo del gas russo in Europa, assicurandosi un vantaggio competitivo sul prezzo e aumentando la propria importanza strategica nella partita energetica.
D’altra parte, tale progetto ha messo l’esecutivo guidato da Angela Merkel in cattiva luce dinanzi a vari governi europei. Infatti, benché la cancelliera abbia sottolineato che il progetto è portato avanti da imprese private, l’odierna posizione della Germania stride con le pressioni che questa fece sui partner europei affinché tenessero una linea dura verso Mosca, a costo di sacrificare i loro interessi economici in favore di quelli comunitari: gli stessi che, ora, il progetto NS2 sembra calpestare.
Queste tensioni si aggiungono a precedenti divergenze tra la “linea tedesca” e quella di altri paesi dell’Ue, in particolare sull’austerity e la gestione dei flussi di migranti.
Tra i paesi più determinati a contrastare NS2 si annoverano Slovacchia, Polonia ed i paesi Baltici. La Slovacchia, attualmente snodo importante nel flusso di gas verso l’Europa occidentale, vedrebbe diminuire la sua valenza strategica, mentre i Baltici e la Polonia, antirussi, diffidano di un avvicinamento di Russia e Germania.
A loro vantaggio vi sono delle controversie circa il rispetto dei regolamenti Ue sull’energia. In particolare, l’articolo 9 della terza direttiva sul gas, relativo all’unbundling, stabilisce che il gestore del gasdotto non sia autorizzato a esercitare, direttamente o indirettamente, un controllo su un’impresa che svolge l’attività di fornitura del gas trasportato. In altre parole, Gazprom non potrebbe essere sia il proprietario del gasdotto che fornitore di gas, dovendo inoltre garantire a terzi l’acceso al gasdotto stesso.
Opportunità per l’Italia
Il progetto NS2 potrebbe rappresentare una buona opportunità per l’Italia, nello specifico per l’italiana Saipem, partecipata da Eni e dal Fondo strategico italiano. Impegnata nella progettazione e nella realizzazione di Nord Stream e di altri gasdotti quali Blue Stream e Greenstream, Saipem avrebbe dovuto partecipare alla costruzione di South Stream, l’altra condotta proposta da Gazprom per aggirare l’Ucraina passando attraverso il Mar Nero.
Nonostante questo possibile coinvolgimento nella realizzazione di NS2, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato che il Cane a sei zampe non acquisterà azioni di NS2, escludendo anche che la russa Rosneft possa rilevare quote importanti di Saipem, contrariamente a quanto suggerito da alcune voci.
La possibilità che l’Italia possa divenire uno snodo meridionale dei rifornimenti di gas all’Europa, apparentemente accantonata con la sospensione del progetto South Stream, potrebbe tuttavia ripresentarsi.
Recenti dichiarazioni da parte di Gazprom mostrano infatti che potrebbe essere costruito un gasdotto per collegare Russia ed Italia. Per realizzare il progetto, Gazprom è pronta a cooperare con la greca Depa, visto che il gasdotto passerebbe attraverso il territorio greco, e con l’italiana Edison, con le quali nelle scorse settimane Mosca ha siglato un Memorandum of Understanding.
Gazprom ha identificato il potenziale di questi due partner, già coinvolti nel progetto europeo Itgi, attualmente completato solo nel suo segmento turco-greco, ma che potrebbe essere esteso sino all’Italia grazie alla condotta IGI Poseidon.
Washington sta a guardare
Anche gli Stati Uniti hanno un approccio tiepido nei confronti di NS2. Al di là delle questioni prettamente energetiche, l’intensificarsi di legami tra Russia ed Europa è qualcosa che la politica estera statunitense ha sempre cercato di evitare negli ultimi decenni.
Tuttavia, gli attriti che il progetto NS2 sta causando tra i paesi europei potrebbero essere sfruttati dagli Stati Uniti per avere una maggiore influenza sugli stati dell’Europa orientale, i più ostili a NS2 e, contemporaneamente, i più preoccupati dalla militarizzazione della Russia, dunque favorevoli ad una maggiore presenza della Nato nell’area.
Nel caso in cui gli Stati Uniti non entrassero direttamente nella questione NS2, sarebbe più facile per Russia e Germania completare il progetto; d’altra parte l’Italia - al pari di altri paesi impegnati in progetti con Mosca - potrebbe essere avvantaggiata dalla temporanea assenza dell’azione antirussa di Washington nel settore energetico europeo.
Marco Granato, Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Trieste, studia Relazioni Internazionali presso l’Università di Perugia. Si interessa di sicurezza energetica in ambito internazionale.