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mercoledì 27 aprile 2016

Nord Stream 2, il gasdotto che aggira l’Ucraina

Energia

Marco Granato
18/04/2016
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Nord Stream 2 (NS2) è un gasdotto, attualmente in progetto, che collegherà Russia e Germania. Seguirà lo stesso percorso di Nord Stream, perciò può essere considerato un suo potenziamento.

Nord Stream è composto da due linee, ciascuna con una capacità di trasporto di 27,5 miliardi di metri cubi l’anno; NS2 dovrebbe avere la stessa capacità, per un totale complessivo di 110 miliardi di metri cubi annui previsti per il 2019, quando i contratti tra Gazprom e Ucraina si estingueranno.

Il 50% delle azioni di NS2 sarà di Gazprom, mentre i gruppi Basf, E.ON (tedeschi), Shell (anglo-olandese), OMV (austriaco) ed Engie (francese) ne possiederanno il 10% ciascuno.

La Russia punta a potenziare Nord Stream per aggirare l’Ucraina, che, nonostante il conflitto in corso, rimane il principale snodo dei traffici di gas tra Russia ed Europa.

Inoltre, il recente andamento del prezzo del petrolio spinge la Russia a esportare più gas naturale; le forniture di Gazprom verso l’Europa sono andate infatti crescendo negli ultimi anni nonostante lo stallo nei consumi europei e, secondo le aspettative della compagnia, dovrebbero toccare i 160 miliardi di metri cubi nel 2016.

Tra le possibili cause, anche la decisione del Consiglio di Stato olandese, che ha posto un limite massimo di 27 miliardi di metri cubi di gas alla produzione del giacimento di Groningen, contro i 33 estratti nel 2015, a causa di eventi sismici collegati alle attività di estrazione. Di conseguenza, i maggiori importatori di gas olandese (Germania, Belgio, Lussemburgo, Regno Unito e Francia) dovranno rivolgersi ad altri fornitori.

Germania in prima linea, a est il fronte del no
A trarre il massimo vantaggio da NS2 sarà indubbiamente la Germania, che diventerà il principale punto di arrivo del gas russo in Europa, assicurandosi un vantaggio competitivo sul prezzo e aumentando la propria importanza strategica nella partita energetica.

D’altra parte, tale progetto ha messo l’esecutivo guidato da Angela Merkel in cattiva luce dinanzi a vari governi europei. Infatti, benché la cancelliera abbia sottolineato che il progetto è portato avanti da imprese private, l’odierna posizione della Germania stride con le pressioni che questa fece sui partner europei affinché tenessero una linea dura verso Mosca, a costo di sacrificare i loro interessi economici in favore di quelli comunitari: gli stessi che, ora, il progetto NS2 sembra calpestare.

Queste tensioni si aggiungono a precedenti divergenze tra la “linea tedesca” e quella di altri paesi dell’Ue, in particolare sull’austerity e la gestione dei flussi di migranti.

Tra i paesi più determinati a contrastare NS2 si annoverano Slovacchia, Polonia ed i paesi Baltici. La Slovacchia, attualmente snodo importante nel flusso di gas verso l’Europa occidentale, vedrebbe diminuire la sua valenza strategica, mentre i Baltici e la Polonia, antirussi, diffidano di un avvicinamento di Russia e Germania.

A loro vantaggio vi sono delle controversie circa il rispetto dei regolamenti Ue sull’energia. In particolare, l’articolo 9 della terza direttiva sul gas, relativo all’unbundling, stabilisce che il gestore del gasdotto non sia autorizzato a esercitare, direttamente o indirettamente, un controllo su un’impresa che svolge l’attività di fornitura del gas trasportato. In altre parole, Gazprom non potrebbe essere sia il proprietario del gasdotto che fornitore di gas, dovendo inoltre garantire a terzi l’acceso al gasdotto stesso.

Opportunità per l’Italia
Il progetto NS2 potrebbe rappresentare una buona opportunità per l’Italia, nello specifico per l’italiana Saipem, partecipata da Eni e dal Fondo strategico italiano. Impegnata nella progettazione e nella realizzazione di Nord Stream e di altri gasdotti quali Blue Stream e Greenstream, Saipem avrebbe dovuto partecipare alla costruzione di South Stream, l’altra condotta proposta da Gazprom per aggirare l’Ucraina passando attraverso il Mar Nero.

Nonostante questo possibile coinvolgimento nella realizzazione di NS2, l’amministratore delegato di Eni, Claudio Descalzi, ha dichiarato che il Cane a sei zampe non acquisterà azioni di NS2, escludendo anche che la russa Rosneft possa rilevare quote importanti di Saipem, contrariamente a quanto suggerito da alcune voci.

La possibilità che l’Italia possa divenire uno snodo meridionale dei rifornimenti di gas all’Europa, apparentemente accantonata con la sospensione del progetto South Stream, potrebbe tuttavia ripresentarsi.

Recenti dichiarazioni da parte di Gazprom mostrano infatti che potrebbe essere costruito un gasdotto per collegare Russia ed Italia. Per realizzare il progetto, Gazprom è pronta a cooperare con la greca Depa, visto che il gasdotto passerebbe attraverso il territorio greco, e con l’italiana Edison, con le quali nelle scorse settimane Mosca ha siglato un Memorandum of Understanding.

Gazprom ha identificato il potenziale di questi due partner, già coinvolti nel progetto europeo Itgi, attualmente completato solo nel suo segmento turco-greco, ma che potrebbe essere esteso sino all’Italia grazie alla condotta IGI Poseidon.

Washington sta a guardare
Anche gli Stati Uniti hanno un approccio tiepido nei confronti di NS2. Al di là delle questioni prettamente energetiche, l’intensificarsi di legami tra Russia ed Europa è qualcosa che la politica estera statunitense ha sempre cercato di evitare negli ultimi decenni.

Tuttavia, gli attriti che il progetto NS2 sta causando tra i paesi europei potrebbero essere sfruttati dagli Stati Uniti per avere una maggiore influenza sugli stati dell’Europa orientale, i più ostili a NS2 e, contemporaneamente, i più preoccupati dalla militarizzazione della Russia, dunque favorevoli ad una maggiore presenza della Nato nell’area.

Nel caso in cui gli Stati Uniti non entrassero direttamente nella questione NS2, sarebbe più facile per Russia e Germania completare il progetto; d’altra parte l’Italia - al pari di altri paesi impegnati in progetti con Mosca - potrebbe essere avvantaggiata dalla temporanea assenza dell’azione antirussa di Washington nel settore energetico europeo.

Marco Granato, Laureato in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Trieste, studia Relazioni Internazionali presso l’Università di Perugia. Si interessa di sicurezza energetica in ambito internazionale.
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lunedì 18 aprile 2016

.Minacce ibride, l’Ue presenta la sua strategia

Europa e terrore

Enzo Maria Le Fevre Cervini, Alberto Aspidi
18/04/2016
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Il Consiglio Affari Esteri del 18-19 aprile discute, tra gli altri argomenti, il Quadro comune per il contrasto delle minacce ibride.

In particolare, i ministri degli Esteri dei 28 devono fare i conti con la necessità di un’azione rapida per il contrasto e la prevenzione delle minacce ibride, poste da attori statali e non statali contro l’Unione, i suoi Stati membri e gli Stati partner.

Sebbene la definizione di minaccia ibrida sia quella di una minaccia “mutevole e necessariamente flessibile”, la Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento, pubblicata lo scorso 6 aprile, descrive tali minacce come la “combinazione di attività coercitive e sovversive, metodi convenzionali e non (siano essi diplomatici, militari, economici, tecnologici), che possono essere utilizzate in modo coordinato da attori statali e non statali al fine di ottenere obiettivi specifici, restando però al di sotto della soglia della guerra formalmente dichiarata”.

La sfida di dover andare oltre le definizioni 
La definizione di minaccia ibrida - o, meglio, il riconoscimento dell'assenza di essa - è il primo punto degno di nota della Comunicazione. Si aggiunge la mancanza di qualsiasi esempio concreto.

Eppure, il ritorno del concetto di hybrid warfare nei documenti strategici " che contano" è avvenuto, ad opera soprattutto della Nato, proprio a fronte delle azioni di attori ben definiti: la Russia di Putin, nel contesto della crisi ucraina, e l’attività di destabilizzazione, all’interno come all’esterno degli stati membri, da parte del Daesh o di individui ad esso legati.

Negli ultimi mesi, all’interno dell’Unione, l’attività di propaganda e proselitismo tesa a radicalizzare individui e le azioni terroristiche, a cui il Daesh viene più o meno direttamente associato, sono le minacce ibride per eccellenza.

La struttura e gli obiettivi della Comunicazione ne risentono: molte delle azioni proposte sono concepite pensando alla prevenzione ed alla risposta ad un attacco terroristico.

Ciò non deve tuttavia distrarre dal fine ultimo del documento, che è di carattere strategico e guarda al medio-lungo periodo. La questione non è da chi provengano le minacce. L'assunto di fondo è piuttosto che attacchi ibridi potrebbero arrivare in qualsiasi momento da nuovi attori, statali e non, nel prossimo futuro.

Definire un quadro comune e coordinato per la prevenzione e la risposta a questi eventi, indipendentemente dalla provenienza e dal "nemico", è l'obiettivo della Comunicazione.

L’Hybrid Fusion Cell e la raccolta d’informazioni
In questo quadro, quali le proposte specifiche di maggior rilievo? Qui una preliminare precisazione è d'obbligo: la Comunicazione è un documento che la Commissione adotta per esprimere una propria posizione su questioni di attualità, stimolando gli Stati membri al dibattito. Di conseguenza, saranno gli Stati membri, che sono e restano gli unici responsabili in materia di sicurezza e difesa, a decidere a quali tra le azioni proposte dare un seguito.

Due sono le proposte avanzate che possono ritenersi di particolare interesse e valore innovativo a livello istituzionale.

La prima è l'istituzione di una Hybrid Fusion Cell presso l'Intelligence and Situation Center del Servizio europeo di azione esterna. La proposta, voluta dall'Alto rappresentante Federica Mogherini, è ambiziosa: essa mira a catalizzare attorno ad uno stesso obiettivo la raccolta di informazioni dell’intelligence per prevenire e rispondere alle minacce ibride, sfruttando le strutture e le capacità dell'Unione e quelle dei singoli stati membri.

La stessa Mogherini, alcuni giorni fa, durante la plenaria del Parlamento europeo, ha affermato che “in un mondo di prevedibili imprevedibilità, il sistema internazionale non necessità di conservatorismo, ma di cambiamento”. Il cambiamento prevede maggiore collaborazione a livello regionale, così come auspicato anche nel Piano d'azione per prevenire l'estremismo violento promosso dal Segretario generale delle Nazioni Unite all’inizio del 2016.

Realizzare tale progetto non sarà semplice, almeno per due ordini di motivi. Il primo è la varietà degli attori interni all'Unione coinvolti: tra loro le istituzioni incaricate del crisis management esterno, della pianificazione strategica (lo Stato Maggiore europeo e il Crisis Management and Planning Directorate - Cmpd), la DG Echo, in carica per le attività di affari umanitari e protezione civile, l'unità gestione crisi di DG Home, e poi ancora, le DG Move ed Energy, in caso di minacce di attacchi ad infrastrutture critiche.

Il piano B: un Centro di eccellenza
Altra questione riguarda la riluttanza degli Stati membri, specie dei “grandi”, a condividere informazioni classificate riguardanti materie di sicurezza nazionale. La Commissione sembra prefigurarsi tale evenienza già nella Comunicazione, proponendo un possibile “piano B”: la ripresa del modello Centro di Eccellenza che dovrebbe avere l’obiettivo di far progredire la ricerca e promuovere l'individuazione di soluzioni pratiche alle sfide attuali poste da minacce ibride.

Questo modello di collaborazione tra attori istituzionali, organi e agenzie interni all'Unione, stati terzi, organizzazioni internazionali e soggetti esterni (privati, aziende, università) è già presente sia in ambito Nato che in ambito Ue, dove particolare successo ha riscosso nel settore della difesa chimica, biologica, radiologica e nucleare (Cbrn).

Sua caratteristica principale è l'approccio bottom-up e di carattere volontario: sono gli attori coinvolti (stati in primis) che identificano le priorità di azione ed i progetti da perseguire: l'Unione fornisce il proprio supporto, eventualmente le proprie risorse, ma non "dirige" il processo.

Un approccio che, in un settore delicato come la sicurezza in generale e la gestione delle minacce ibride in particolare, non può non essere guardato con favore da Stati membri "gelosi" ma consapevoli che un'azione comune maggiormente efficace è necessaria, specie dopo gli eventi di Parigi e Bruxelles.

In definitiva, si può certamente dire che, con la Comunicazione, il processo di riflessione strategica dell’Unione europea sul contrasto alle minacce ibride è iniziato. Tuttavia, il destino concreto di queste proposte e l'effettiva realizzazione di esse, primo test circa l'esistenza di una volontà politica di dare seguito alle proposte in oggetto, resta saldamente nelle mani degli Stati.

Enzo Maria Le Fevre Cervini è Direttore per la Ricerca e Cooperazione presso il Budapest Centre for the International Prevention of Genocide and Mass Atrocities e docente di diritto internazionale e diplomazia presso la Luiss Guido Carli.
Alberto Aspidi è cultore della materia presso la cattedra di diritto internazionale alla Luiss Guido Carli e Assistente di ricerca presso il Budapest Centre for the International Prevention of Genocide and Mass Atrocities
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mercoledì 13 aprile 2016

Notizie dall'ISAG

Rivista “Geopolitica”:


L’India è oggi considerata un attore di primo livello nel contesto asiatico e potenzialmente una delle future potenze a livello globale. Molteplici aspetti, dalla demografia alle capacità militari, dagli indicatori economici all’importanza del paese in ambito multilaterale rappresentano i punti di forza di questo Stato. Tuttavia, la percezione dell’India in ambito globale è allo stesso...

IsAG nei media:



I Report dell’IsAG:


No. 74 – April 2016 Authors: Phil Kelly, Murad Jalilov Language: English Keywords: Balancing Demography Encirclement Geopolitics Islamic State (ISIS) Kurds Download (PDF) / Scarica (PDF) Abstract The focus rests upon Turkey’s contemporary geopolitics amidst the country’s increasing instability and its outlying regional challenges. A geopolitical description is provided of the ambiguities and conflicting pressures...

No. 73 – March 2016 Author: Simona Bottoni Language: Spanish Keywords: Political dialogue Italy – Latin America Business dialogue Italy – Latin America IILA Italian Conference – Latin America and Caribbean Interparliamentary Forum Italy – Latin America and Caribbean Geopolitical balance in Latin America Download (PDF) / Scarica (PDF) Abstract Italy has always had a...

No. 72 – March 2016 Authors: Claudia Candelmo, Antonella Roberta La Fortezza Language: Italian Keywords: UNIFIL II ITALBATT Israeli-Lebanese Wars Italian model Download (PDF) / Scarica (PDF) Abstract Well before 2006, when UNIFIL II was established through UN Security Council Resolution 1701, Italy has been engaged in Lebanon, bringing its contribution to end the hostilities...

Geopolitica Online:



IsAG TV:


Il 24 e 25 febbraio si è tenuto ad Astana il secondo Incontro dei partecipanti internazionali ad EXPO 2017. Alessandro Lundini, Ricercatore Associato del Programma Eurasia dell’IsAG, ha seguito il meeting nella capitale kazaka in qualità di inviato per l’Istituto. La città – ha affermato – si prepara ad ospitare l’evento in un clima di...

Quaderni di Geopolitica:

La Repubblica del Kazakhstan non è soltanto lo Stato più esteso dell’Asia centrale ma anche uno dei Paesi dell’ex URSS che meglio ha saputo ricostruire un’identità e una fisionomia propri nel corso di poco più di vent’anni di indipendenza. L’economia di questo Paese, popolato da una ricca pluralità di gruppi etnici e religiosi, va ben...
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