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Non solo terrorismo, minacce ibride, volatilità economica, crisi migratoria. Quella del cambiamento climatico, cui si associano questioni di sicurezza energetica e alimentare globale, rientra nelle priorità per le quali l’Unione europea, Ue, è disposta ed è in grado di fare la differenza.
A ribadirlo è l’esplicito riferimento nella European Global Strategy, dove il cambiamento climatico è descritto come un vero e proprio moltiplicatore della minaccia perché catalizzatore di carenze idriche, pandemie, flussi migratori. Coerente con tale impostazione, il 27 aprile, attraverso la comunicazione “Una politica europea integrata per l’Artico”, l’Ue ha inteso apportare un nuovo contributo alla cooperazione internazionale per rispondere al cambiamento climatico, partendo proprio dalla regione che più velocemente risente del riscaldamento globale. L’impegno Ue per l’Artico, dal 2008 ad oggi L’esplicito impegno dell’Ue nella regione risale al 2008, con la Comunicazione della Commissione europea dal titolo “L’Unione europea e la regione artica”, attraverso la quale venivano evidenziati gli effetti dei cambiamenti climatici e delle attività antropogeniche nell’Artico, nonché individuati gli interessi e gli obiettivi strategici dell’Ue nella regione, principalmente: tutela dell’Artico di concerto con la sua popolazione; promozione dell’uso sostenibile delle risorse; contributo a una migliore governancemultilaterale. L’Ue si faceva promotrice di una serie di risposte da avviare sistematicamente e in coordinamento agli stati artici, nella consapevolezza che la scarsità delle infrastrutture e le particolarità della regione aggraverebbero la difficoltà nelle gestione delle emergenze. Nella comunicazione del 2008 le zone europee dell’Artico venivano considerate una “priorità della politica della dimensione settentrionale” e, più in generale, premessa la particolare vulnerabilità degli spazi marini e terrestri della regione ai cambiamenti climatici, si prefigurava il fatto che un’alterazione della dinamica geo-strategica dell’Artico avrebbe ripercussioni sugli interessi europei in materia di sicurezza e sulla vita delle prossime generazioni di cittadini europei. Nella Comunicazione 2016, l’Unione esprime ora un proprio interesse strategico nel giocare un ruolo chiave nella regione. Interesse spiegato non solo dal fatto che, tra gli otto paesi artici, tre sono membri dell’Ue (Danimarca, Finlandia, Svezia) e due appartengono all’area economica europea e sono associati ad Horizon 2020 (Islanda e Norvegia), ma anche da una serie di attività che l’Ue conduce in diversi campi (da quello energetico a quello della ricerca e delle osservazioni spaziali), nonché dalle politiche adottate in settori (come quello della pesca e dei trasporti) che hanno un impatto sugli sviluppi economici nella regione. La ricerca passa anche dallo Spazio L’Artico, per le sue caratteristiche geologiche e geofisiche, offre, invero, opportunità senza paragoni per il progresso nella ricerca scientifica e tecnologica, insieme a quelle in termini occupazionali che ne discendono. Sin dal 2008, l’importanza da attribuire alla prevenzione e all'attenuazione dell’impatto negativo dei cambiamenti climatici, nonché la priorità da assegnare alla conoscenza del territorio si sono concretizzati in 200 milioni di euro destinati alle attività di ricerca. Al momento si prospetta che vengano mantenuti analoghi livelli di finanziamento per il programma H2020 (2014-2020), nel quale rientra anche il progetto Eu-Polar Net, il più grande consorzio mondiale di istituti di ricerca multidisciplinari dedito allo sviluppo di un programma di ricerca comunitario integrato che sia in grado di identificare esigenze scientifiche a breve e lungo termine, nonché atto, attraverso il più elevato grado di coordinamento nella ricerca trans-disciplinare e la più stretta cooperazione e lo scambio di informazioni chiave con i soggetti interessati a livello internazionale, allo studio di un quadro strategico per l’ottimizzazione dell’uso delle infrastrutture polari, prima fra tutte quelle di trasporto. Opportunità che l’Ue sembra aver colto con successo coinvolgendo le attività che conduce nel settore spaziale. Un importante contributo alle attività di monitoraggio panartico delle condizioni atmosferiche, delle variabili climatiche, dello spessore del permafrost, e una migliore modellizzazione oceanografica arriva, infatti, dalla messa in opera di Galileo e dei “satelliti sentinella” nell’ambito del programma Gmes, arriverà anche dalle infrastrutture del programma Copernicus e sarà sostenuto dalla Commissione europea grazie all’attuazione di un sistema integrato di osservazione artica terrestre, un’infrastruttura di ricerca multidisciplinare e multinazionale distribuita geograficamente tra le isole Svalbard. Sviluppo economico basato sull’uso sostenibile delle risorse Garantire uno sviluppo economico basato sull’uso sostenibile delle risorse e sulle competenze ambientali è tra le 39 azioni volte allo sviluppo di una politica integrata per l’Artico. La Comunicazione del 2016 rientra coerentemente nel quadro dell’impegno europeo di tener conto delle specificità regionali in sé e nell'elaborazione della politica ambientale da una parte e marittima integrata dall’altra. Nel primo caso, si consolida l’impegno dell’Unione nell’ambito della European Climate Change Programme (Eccp) in direzione della diminuzione del 40% delle emissioni totali di gas serra entro il 2030 e dell’80% entro il 2050. Nel caso della navigazione e del trasporto marittimo, una politica europea per l’Artico ne è dichiaratamente complementare. Il ché rientra nell’ottica sia di valorizzazione delle eccellenze industriali europee nella cantieristica, trasporti navali e infrastrutture aeroportuali, sia di rafforzamento a livello multilaterale dell'autorità dell'Ue quale potenza marittima internazionale. Ciò in connessione anche con la politica comunitaria generale in materia di relazioni esterne. In quest'ottica si inserisce il tentativo, ribadito nella recente Ess, di guidare l'integrazione della dimensione climatica nelle sedi multilaterali, e quello di colmare le lacune nell’attuale quadro di gestione internazionale degli oceani, dello sviluppo di una rete di zone marine protette, e lotta a sfide comuni più prettamente legate, quali la pesca Inn - illegale, non dichiarata e non regolamentata. Se, dunque, l’obiettivo della European Global Strategy è quello di stimolare una riflessione aggiornata sull’arco di instabilità che insiste lungo e all’interno dei confini, l’Ue prende atto che le sfide strategiche sono quasi sempre asimmetriche e l’asimmetricità non si limita alle nozioni tradizionali di sicurezza. In questo senso, è rilevante l’attenzione dedicata al tema del cambiamento climatico e alla vulnerabilità di una regione come quella artica, a dimostrazione del fatto che, in un tempo veloce e di reazioni rapide, la lungimiranza può ancora guidare le scelte strategiche. Elena Cesca è PhD Candidate in Storia dell'Europa presso la Sapienza di Roma su tematiche di cooperazione tecnologico-militare in ambito Nato e collaboratore parlamentare presso la Camera dei Deputati. Ha svolto un tirocinio presso l'area Sicurezza e Difesa dello IAI. |
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